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Chi frequenta l'universo fiabesco sa bene che questo aderisce sempre a una geografia a un tempo reale e simbolica, dove poco più lontano dai confini conosciuti della società, un residuo o un'idea o un'ampia porzione di selvatichezza assume su di sé il valore di passaggio all'altro mondo. Si va da una porta che scricchiola sui cardini e lascia filtrare una luce incerta, quasi spettrale, a un'intera montagna rocciosa. Nelle fiabe si fa esperienza dei quattro elementi e delle loro qualità straordinarie: si viaggia e si muta per mari e boschi, si scende nel sottosuolo; ci si libera nel fuoco, nel forno dove finisce la strega o nella luce che scende dagli astri; si vola e si conoscono i cieli. Ma certo, a causa della nostra natura terragna eppure indissolubilmente unita all'acqua, il regno acquatico rappresenta il più vicino e sperimentabile esempio di alterità, dove la superficie liquida delle correnti ha il potere di nascondere e rivelare, di divenire un terribile ostacolo e un ponte per l'attraversamento.